L'impresa ritardataria che fa perdere il 110% paga il danno.
Chi perde il Superbonus 110% per ritardi imputabili all'impresa edile ha diritto a ricevere il risarcimento del danno, calcolato in base alla differenza rispetto all'aliquota più bassa cui il committente potrà aver accesso.
È quanto deciso dal Tribunale di Frosinone con la sentenza n. 1080 del 2 novembre 2023, prima pronuncia in materia di mancato accesso ai bonus edilizi per fatto imputabile all'impresa esecutrice.
Il Superbonus (dl 34/2020, art. 119) ha subito varie modifiche e il quadro attuale illustra un bonus decrescente nel tempo: il dl 176/2022, art. 9, co. 1, lett. a) ha infatti disposto il mantenimento della sua maxi aliquota al 110% fino al 2022, per poi ridurla al 90% nel 2023, al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.
Il risultato è un dedalo di scadenze, il cui rispetto carica chi esegue i lavori di una grande responsabilità, poiché da esso dipende l'ottenimento di un'agevolazione più o meno vantaggiosa.
Ancor più stringenti le maglie per gli interventi realizzati sulle villette (edifici unifamiliari), per i quali già il dl 50/2022, art. 14, aveva previsto che l'accesso al 110% è subordinato alla condizione che al 30 settembre 2022 siano stati eseguiti i lavori per almeno il 30%.
E proprio all'interno di tale situazione normativa si colloca il caso deciso dal Tribunale di Frosinone, che vede il proprietario di un immobile chiamare in causa l'impresa incaricata della realizzazione di interventi di efficientamento energetico.
Il contratto d'appalto prevedeva una data di conclusione dei lavori non rispettata dall'impresa (che anzi non li aveva neppure iniziati), con la conseguenza che il citato termine del 30 settembre 2022 era stato superato senza che i lavori avessero raggiungessero il 30%. Risultato: il committente perdeva l'accesso al Superbonus 110%, a causa di un inadempimento dell'impresa, come verifica il Tribunale, disponendo dunque la risoluzione del contratto, in linea con l'art. 1453 cc.
Come conseguenza della risoluzione per inadempimento, il giudice condanna l'impresa al riversamento di quanto già percepito a titolo di acconto e al risarcimento dei danni patiti dal committente per aver perso la possibilità di usufruire del 110%.
Nel dettaglio, tale danno viene quantificato considerando che la normativa, nel caso di mancato rispetto del requisito del 30% dei lavori al 30 settembre 2022, non impedisce la fruizione del Superbonus, ma ne consente l'accesso in determinati casi a una percentuale ridotta al 90%.
Per questo, spiega il giudice, “si ritiene di dover liquidare il danno nella misura del 10% dell'importo dei lavori appaltati, quale percentuale minima del beneficio fiscale andata perduta a causa del verificarsi dell'inadempienza”.
Insomma, il proprietario avrebbe comunque potuto iniziare nuovi lavori agevolandoli al 90%, cosicché l'impresa inadempiente deve versare i danni da calcolarsi in base a quanto meno vantaggiosa sarebbe stata la detrazione.
Se invece il committente avesse provato di non poter affatto accedere al Superbonus (fruibile per le villette nel 2023, seppure al 90%, solo se l'edificio unifamiliare è abitazione principale di soggetti con reddito familiare medio entro i 15 mila euro, in base al dl 176/2022), dall'argomentazione del Tribunale emerge che il risarcimento avrebbe potuto essere “completo”, arrivando al 100% dell'importo dell'appalto.
Si legge infatti nella sentenza che “il ricorrente non ha fornito elementi, in particolare sulla propria situazione reddituale, che consentano di escludere la possibilità di accesso a siffatta ridotta agevolazione per un'eventuale nuova pratica di intervento”, costringendo il giudice a liquidare il danno al 10%, “in rigoroso ossequio ai principi riguardanti l'onere della prova nei giudizi di risarcimento del danno”.
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