"Affinché un bene possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili perché destinati ad un pubblico servizio, ai sensi dell’art. 826, comma 3, c.c. deve sussistere un doppio requisito: la manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico, e perciò un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio, e l’effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio (cfr. Cass. sez. un. 3/12/2010, n. 24563; Cass. 13/3/2007, n. 5867; Cass. sez. un. 28/6/2006, n. 14865)."
E' quanto affermato dalla Corte di Appello di Napoli, IV sezione civile, con la sentenza del 27 febbraio 2024 laddove, rigettando l'appello proposto dall'ente locale, ha integralmente confermato la decisione di primo grado che aveva accertato e dichiarato l'intervenuta usucapione ultraventennale in favore delle attrici, assistite e difese dallo Studio Legale Carratù, di un'area urbanisticamente configurata come standard comunale.
In particolare "Inoltre, la cessione gratuita di un terreno all’ente comunale, finalizzata ad assicurare la possibilità di destinazione del bene a verde pubblico, prevista dal piano di lottizzazione, secondo le norme del piano regolatore, comporta soltanto l’acquisizione dello stesso nel patrimonio del Comune, senza però attribuirgli caratteri che ne determinano la collocazione nella categoria del patrimonio indisponibile (cfr. Cass. 26/11/2020, n. 26990; Cass. 16/12/2009, n. 26402; Cass. 9/9/2009, n. 8743)."
In definitiva - affermano i Giudici d'Appello - "ciò che rileva, nella prospettiva dell’appartenenza di un bene nella categoria del patrimonio indisponibile dell’ente pubblico, in quanto destinato ad un pubblico servizio, è la concreta ed effettiva utilizzazione di esso a tale scopo, non essendo sufficiente un mero progetto di tale utilizzazione, che di per sé esprime solo un’intenzione, la quale, pur se espressa in un atto amministrativo, non incide sulle oggettive caratteristiche del bene (cfr. Cass. sez. un. 27/11/2002, n. 16831; Cass. sez. un. 2/12/1996, n. 10733; Cass., sez. un. 23/6/1993, n. 6950)".