Decreto salva casa: più facile sanare gli abusi
Agostino Armando Carratù • 28 agosto 2024

Il nuovo "salva casa": focus sul decreto

Con la conversione nella legge 105/24, con importanti modifiche rispetto al testo originario, il cosiddetto decreto Salva casa (dl 69/24) ora è pienamente operativo.
Le nuove norme semplificano l’iter per la sanatoria degli abusi edilizia pur non essendo tecnicamente un vero e proprio condono.
Lo fa modificando e integrando le regole contenute nella legge fondamentale in materia, il Testo Unico dell’Edilizia (dpr 380/2001) ridefinendo i criteri di legittimità dei fabbricati sia per il passato che per le nuove edificazioni.

La novità di maggiore impatto è la modifica della disciplina di possibilità di sanatoria degli interventi abusivi prevista dall’art. 36 del Testo Unico Edilizia, il cosiddetto accertamento di conformità.

La nuova normativa prevede una sorta di doppio binario per le difformità parziali e anche per le cosiddette variazioni essenziali: se l’intervento abusivo risulta conforme alla sola disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla sola disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione, ora è sanabile. Per quanto riguarda, invece, la totale difformità la disciplina resta quella in vigore con l’esigenza, quindi, per la sanatoria della doppia conformità, sia urbanistica che edilizia, sia al momento della presentazione della domanda che di quello all’atto dell’attuazione dell’intervento. L’obbligo di doppia conformità era prima del decreto un ostacolo a volte insormontabile per sanare abusi anche non rilevanti.

Rilevante l’aggiunta delle variazioni essenziali, così come identificate dal Testo Unico: il mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards; l’aumento consistente della cubatura o della superficie; le modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato o della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza; il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito; la violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica.

Altro elemento importante è costituito dalla possibilità di regolarizzare le varianti di progetto, eseguite in corso d’opera e mai denunciate, degli interventi realizzati prima dell’entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977 n. 10 ed entro il 24 maggio 2024.

L’epoca della realizzazione delle varianti, se non esistono altri mezzi di prova, può essere certificata dal tecnico incaricato, sotto la sua specifica responsabilità.

Al testo originario del decreto in sede di conversione si è aggiunta la precisazione che separa e distingue le responsabilità del singolo e del condominio: non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari e viceversa: in pratica se una parte dell’edificio è abusiva non sarà più vietato effettuare modifiche interne al proprietario di una singola unità immobiliare; se una singola unità immobiliare contiene un abuso, questo non pregiudica la possibilità del condominio di effettuare opere di ristrutturazione. Questo secondo principio in realtà era già stato introdotto a proposito dei lavori trainanti nel Superbonus. Se un’abitazione ha una veranda abusiva, ad esempio, è possibile al condominio effettuare il cappotte termico dell’edificio, il proprietario della casa non può però rifare i serramenti come lavoro trainato.

Anche la novità sul cambio di destinazione d’uso appare rilevante: viene chiarito cosa si intenda per cambio d’uso “con” e “senza” opere (cioè quando al massimo è stato realizzato intervento di edilizia libera). Ma soprattutto il cambio di destinazione d’uso «è sempre permesso», sia all’interno della stessa categoria funzionale, sia tra diverse categorie funzionali (residenziale; turistico-ricettiva; produttiva e direzionale; commerciale) in tutte le zone urbane (A, B e C). Ai Comuni viene riservato comunque un potere d’intervento notevole sul tipo di utilizzo dell’unità immobiliare sia sulle zone in cui consentire il cambio d’uso quando l’unità è al seminterrato o al piano terra.

Anche per il recupero dei sottotetti c’è un piccolo miglioramento: ora è comunque consentito (entro i limiti delle varie norme regionali) anche se non vengono rispettate distanze attualmente previste se risultano rispettate quelle vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio e senza innalzare l’altezza massima dell’edificio prevista dal titolo.

Positiva per i proprietari anche la disposizione che prevede che le altezze minime perché un immobile sia “agibile” scendano da 2,70 metri quadrati a 2,40 metri e la superficie minima scende da 28 a 20 metri per i monolocali e da 38 a 28 metri per i bilocali. Ma in ogni caso vanno garantite, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili almeno migliorando i requisiti aeroilluminanti.

In sede di conversione sono state aumentate le tolleranze previste già del decreto originario, ed è stata introdotta una ulteriore casistica per le unità abitative fino a 60 metri quadrati, per le quali la tolleranza ammissibile è stata elevata al 6 per cento. La percentuale scende al 5 per cento per cento per gli immobili da 60 a 100 metri quadrati, al 4 per cento da 100 a 300 metri quadrati, al 3 per cento se l’unità è tra 300 e 500 metri quadrati. Per superfici superiori resta in vigore il limite ante decreto, fissato nel 2 per cento. Viene anche introdotta la possibilità per i Comuni di prorogare a 240 giorni la scadenza di 90 giorni per la rimozione degli abusi edilizi, nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico.

In sede di conversione del decreto è stato abbassato a un terzo il costo massimo dell’oblazione da pagare quando è possibile ricorrere alla sanatoria. Infatti il decreto in origine prevedeva sanzioni pari al doppio del valore venale dell’immobile conseguente agli abusi da sanare, con un minimo di 1.032 e un massimo di 30.984 euro. Il testo definitivo invece prevede nel caso di opere eseguite in difformità dal titolo edilizio prima del 30 gennaio 1977 (data di entrata in vigore della legge “Bucalossi” 10/1977): qui la regolarizzazione avviene presentando la Scia (Segnalazione certificata inizio attività) e pagando la sanzione sino a un massimo di 10.328 euro. Negli altri casi la sanziona ha un minimo di 1.032 euro e un massimo di 10.328 euro se l'intervento sia eseguito in assenza o in difformità della Scia; un minimo di 516 euro e un massimo di 5.164 euro se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda, cioè quando si registra la cosiddetta doppia conformità.


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